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INTERVISTA DI CESARE PROTETTÌ CON TOMMASO MARIA GLIOZZI, AUTORE DI "FOGLIE DI ALLORO- VIVERE E NARRARE IL ROMANZO DEL MADE IN ITALY"
Tommaso, a settembre partiranno – con una certa difficoltà, visto i pochissimi iscritti – le prime sezioni del Liceo Made in Italy. Come giudica questo percorso di studi uno come te che ha fatto per quarant'anni il trade commissioner e quindi, 'l'ambasciatore del Made in Italy' in paesi diversissimi di tre continenti?
R. Penso che sia una iniziativa apprezzabile se consideriamo la ricchezza del nostro patrimonio di eccellenze e la quantità di tentativi di imitazione nel mondo. La mia esperienza di trade commissioner mi ha insegnato che, nonostante qualche brutto scivolone (lo scandalo del vino al metanolo del 1986 è stato uno di questi), il Made in Italy continua ad essere un marchio di successo che molti ci invidiano e, purtroppo, tentano di copiarci in modo furbesco se non addirittura truffaldino.
D. E allora come spieghi la scarsissima adesione (lo 0,8%) a questo percorso di studi? Un'adesione così risicata ha reso difficile formare le classi per il prossimo biennio…
R. Io vivo da anni tra Roma e Perth e non ho seguito nel dettaglio la nascita e lo sviluppo di questa iniziativa del governo e del ministero dell'Istruzione e del Merito (MIM), come ora si chiama quello che ho sempre conosciuto come il Ministero della pubblica Istruzione. Ma da quello che ho letto, mi sembra di poter dire che il Liceo del Made in Italy sia nato un po' troppo frettolosamente e non c'è stato tempo e modo di farne conoscere i punti di forza a un mondo studentesco e delle famiglie che ha aspettative alte e di prestigio rispetto agli esiti del percorso di studi liceali.
D. A che cosa si riferisce in particolare?
R. Al boom di iscrizioni negli ultimi anni alle facoltà di Scienze della Comunicazione nell'obbiettivo di "fare i giornalisti", possibilmente i giornalisti professionisti, quelli che vediamo in tv, accanto ai big della politica o ai protagonisti del mondo dello spettacolo. Quelli che fanno gli inviati e girano il mondo. Ma non funziona come molti di loro pensano.
D. E come funziona?
R. Funziona che quello del giornalismo professionale e professionistico è un imbuto: tantissima concorrenza all'entrata e pochissimi contratti seri all'uscita. E così vediamo proliferare il giornalismo "social" che spesso risponde solo all'obbiettivo dei click da raggiungere. Un giornalismo da schiavi alla tastiera, pagato pochissimo e che certo non permette di girare il mondo. Nel mio percorso, invece, ho girato il mondo come "ambasciatore" del Made in Italy, accompagnato ovunque da una donna fantastica, mia moglie, che non ha avuto problemi (o se li ha avuti non ne ha fatto un ostacolo ai nostri molti spostamenti) a trasferirsi, con le bambine, in paesi diversissimi di tre continenti.
D. E quindi, il "made in Italy" può essere una buona opportunità?
R. Quindi per i giovani non sarebbe male guardare oltre ed esplorare le molte e nuove opportunità come quelle delle professioni legate al Made in Italy. Leggo dalla piattaforma unica del MIM "Il percorso del liceo made in Italy prevede l'acquisizione, da parte degli studenti, di conoscenze, abilità e competenze approfondite nelle scienze economiche e giuridiche, all'interno di un quadro culturale che, riservando attenzione anche alle scienze matematiche, fisiche e naturali, consenta di cogliere le intersezioni tra le discipline; mira al raggiungimento degli strumenti necessari per la ricerca e per l'analisi degli scenari storico-geografici e artistico-culturali nonché della dimensione storica e dello sviluppo industriale ed economico dei settori produttivi del made in Italy; promuove il conseguimento di specifiche competenze, abilità e conoscenze riguardanti princìpi e strumenti per la gestione d'impresa, tecniche e strategie di mercato, strumenti per il supporto e lo sviluppo dei processi produttivi e organizzativi delle imprese del made in Italy, strumenti di sostegno all'internalizzazione delle imprese dei settori del made in Italy e delle relative filiere". Mi sembra un settore di studi interessante e produttivo, visto anche come si stanno muovendo in questo settore Regioni e Associazioni.
D. E tu, a questo punto, hai pensato di riproporre a docenti e studenti un tuo libro del 2007: "Foglie d'alloro. Vivere e narrare il romanzo del Made in Italy". Con l'aggiunta di Appendici legate al contesto della preparazione scolastica.
R. Sì. Il mio libro è in fondo un memoir che racconta episodi, storie e incontri di una professione bellissima, il trade commissioner, il funzionario governativo o regionale i cui compiti principali sono promuovere accordi commerciali internazionali e programmi di import-export per conto di un'autorità governativa nazionale o regionale o per gruppi di aziende di un certo settore merceologico. Da questi episodi e da queste storie i ragazzi possono imparare molto. Non basta l'entusiasmo a superare ostracismi e agguati. Occorrono strategie che si imparano nel tempo. Fondamentale, però, è conoscere bene le lingue e studiare le caratteristiche del paese dove si andrà ad operare. Fondamentare anche avere una buona preparazione di base in Storia e Geografia, Diritto ed economia ed oggi anche Informatica. Il Liceo del Made in Italy offre tutto questo. E anche di più.
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