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“Vivere e narrare il romanzo del Made in Italy”. A Strasburgo l’esperienza fondante della promozione all’estero del made in Italy (2)

07 agosto 2024

Continua la pubblicazione di pagine significative del libro: "Foglie di alloro. Vivere e narrare il romanzo del Made in Italy" di Tommaso Maria Gliozzi, con il racconto della prima "uscita" del giovane trade commissioner calabrese: destinazione Strasburgo.

Siamo nel 1963 e nella città francese, sede del Parlamento europeo, Gliozzi viene coinvolto nell'organizzazione della presenza italiana nel settore dei beni di consumo. Strasburgo diventerà così la sua piattaforma di lancio all'estero e l'esperienza fondante per le modalità di promozione del Made in Italy.

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Sembrò che il capoufficio avesse fretta di avviarmi a lavori di maggiore responsabilità. Forse perché l'attività dell'Ente – sotto la pressione delle imprese, rappresentate, nella fase programmatica, dalle associazioni e dalle federazioni di categoria era in forte espansione. Tutte le energie lavorative a di-sposizione dovevano essere utilizzate, anche oltre il normale orario di lavoro.

Mi fu affidata prima la redazione di articoli su alcuni comparti produttivi di spicco; tali articoli venivano richiesti dagli uffici all'estero per essere pubblicati, sotto forma di messaggi promozionali, sulla stampa locale. Contemporaneamente, venni affidato, come secondo, ad un collega molto piú anziano perché apprendessi l'arte di organizzare le manifestazioni promozionali all'estero.

Con lui feci così la prima "uscita", a Strasburgo. Era il 1963; presentavamo, a quella Fiera internazionale, l'Italia dei beni di consumo. Ricordo le notti trascorse con i tecnici e gli operai nel padiglione italiano, in un lavoro frenetico, perché tutto fosse pronto per l'inaugurazione; impugnai anch'io il pennello per dare gli ultimi tocchi di pittura alle strutture; poi, di corsa, alle sette di mattina, in albergo per lavarmi e indossare il vestito scuro e ritornare in Fiera, dove, alle 10 ci sarebbe stata l'inaugurazione, alla presenza del Ministro Giscard D'Estaing, seguita dall'incontro con la stampa e con la radio. I risultati dell'operazione furono conformi alle aspettative e l'obiettivo promozionale poteva dirsi raggiunto.

L'ambasciatore, rappresentante permanente italiano presso il Consiglio d'Europa, mi fece omaggio di un invito a presenziare a una seduta del Parlamento Europeo e, per il giovane calabrese, fu un'esperienza indimenticabile.

Nell'ambiente di lavoro, il rapporto di amicizia con alcuni colleghi era ormai radicato; anche con persone che non facevano parte del mio reparto si trascorrevano le serate insieme in giro per la città o nei locali alla moda.

D'estate, si preferiva andare al mare, anche di sera; si faceva il bagno al buio, e poi ci si fermava in qualche trattoria del posto.

Ricordo che, una sera, un collega, facendo il bagno nudo, ebbe una disavventura: inaspettatamente, una arrabbiatissima medusa gli si aggrappò proprio lí; sofferenze localizzate, ma atroci!

 Avevo iniziato la missione a Strasburgo come "numero due", e, essendo il capomissione rientrato subito a Roma, la conclusi come "numero uno" e bene.

Strasburgo fu così la mia piattaforma di lancio all'estero. Infatti, dopo breve tempo, seguii, stavolta come primo responsabile, operazioni analoghe a Lille, Metz e Bordeaux.

Erano presenze che venivano sollecitate anche dai consoli italiani in quelle città. Essi vedevano in simili eventi la possibilità di dare contenuto al rapporto un po' vacuo con le autorità locali; e queste ultime lo sapevano e se ne servivano a proprio fine; sia dai primi che dalle seconde avevamo quindi ottima collaborazione.

Presto ci accorgemmo che la rispondenza ad esigenze di politica locale e le finalità di sola immagine di quelle iniziative non era ciò di cui il sistema produttivo italiano, in una fase delicata di crescita, aveva bisogno. La campagna di immagine finiva con il diventare sterile se non seguita da un processo di vendite sul mercato oggetto della promozione. L'Amministrazione lanciò allora il sistema delle mostre autonome settoriali, rendendo obbligatoria la presenza fisica dei titolari delle aziende o di un loro rappresentante.

Sorsero così i Centri Commerciali Italiani a Londra, Parigi, New York, Dusseldorf..., che ospitavano le mostre autonome a rotazione, inizialmente dedicate ai beni di consumo, estese poi anche alle macchine e ai beni strumentali dei settori in cui l'Italia acquisiva sempre piú una sua rispettata specializzazione.

Le imprese facevano la fila per partecipare a quelle mostre; ne erano contente, entusiaste, perché tornavano a casa con un carnet di ordini o di rapporti da sviluppare.

Le aziende, cosí, con noi crescevano e si affermavano sui mercati esteri; si sentivano veramente accompagnate per mano da funzionari che si ponevano a loro completa disposizione, come specialisti e come amici, suggerendo anche strategie aziendali a titolari con scarsa o nessuna esperienza di estero e consigliando la correzione di strategie avviate male.

Ricordo che a Londra accompagnai qualche operatore inesperto persino in banca, perché non sapeva compilare un assegno.

Il graduale affermarsi delle imprese – dalla moda alla meccanica – in ogni angolo del mondo fu appunto il risultato dell'efficace combinazione di una robusta e indovinata assistenza promozionale pubblica, di buoni prodotti e della volontà/capacità delle imprese di riuscire; un composto di fattori – Pubblico/Prodotto/Impresa – sempre e ovunque utilizzati tempestivamente.

Il carisma dell'ICE cresceva di pari passo con lo sviluppo dei distretti produttivi settoriali; e l'Ente divenne il fiore all'occhiello di molti uomini politici.

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