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Clima, cibo made in Italy, protesta dei giovani

28 settembre 2019

C'e' un legame che accomuma l'allarme sui cambiamenti climatici (che speriamo non sia il "grido di dolore" che si spegne nell'arco di una

giornata), la presenza nel mondo dei numerosi prodotti dell'agroalimentare "made in Italy", e la protesta dei tanti

giovani, la generazione del futuro prossimo che si sente minacciata sin nella loro esistenza. L'agroalimentare dei prodotti cosiddetti a

"chilometro zero" si sta rivelando una scelta benefica per la tutela del clima. La legittima denuncia delle giovani generazioni induce, per

quanto riguarda il nostro Paese, a continuare camminare spediti nel garantire alle componenti del cibo qualita' per il benessere e la

salute, ma anche rispetto della natura e tutela del territorio. Sappiamo che c'e' ancora molto da fare. Negli ultimi venti anni è

sparita quasi una pianta da frutto su quattro, fra mele, pere, pesche, arance, albicocche e altri frutti con un gravissimo danno produttivo

ed ambientale per il ruolo che svolgono nella mitigazione del clima anche ripulendo l'aria dall'anidride carbonica e dalle sostanze

inquinanti come le polveri PM10. E' quanto emerge dal Rapporto Coldiretti su "Sos Clima per l'agricoltura italiana". Il "frutteto

italiano" ha visto un crollo netto del 23% nello spazio di un ventennio. Il taglio maggiore ha interessato pesche e nettarine con

la superficie quasi dimezzata (-38 %), seguiti da uva da tavola (-35%), pere (-34 %), limoni (-27%), arance (-23%), mele (-17%),

clementine e mandarini (-3%). Recenti studi hanno sottolineato il ruolo positivo della frutticoltura nella tutela dell'ambiente proprio

per la capacità di catturare Co2, ruolo che potrebbe ulteriormente crescere con l'adozione di tecniche colturali finalizzate non solo

alla produzione di frutta ma anche alla lotta all'inquinamento. Un ettaro di frutteto - spiega la Coldiretti - in produzione è in grado

di catturare 20mila kg di anidride carbonica (CO2) all'anno, bloccando anche le pericolose polveri sottili PM10 e abbassando la temperatura

dell'ambiente circostante durante le estati più calde e afose. Non a caso la differenza di temperatura estiva delle aree urbane rispetto a

quelle rurali raggiunge spesso valori superiori a 2°C nelle città più grandi, secondo uno studio Ispra.

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